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Comunicare con i figli: istruzioni per l’uso

La comunicazione è un processo di scambio d’informazioni e di condizionamento tra due o più persone che avviene in un determinato momento e contesto.

Qualsiasi interazione umana è una forma di comunicazione. Qualunque atteggiamento assunto da un individuo, diventa immediatamente portatore di significato per gli altri. Infatti, pensandoci bene, il comportamento non ha un suo opposto. Non esiste un qualcosa che sia un non-comportamento, non è possibile non avere un comportamento.

L'attività, le parole o il silenzio hanno tutti valore di messaggio: influenzano gli altri e gli altri a loro volta non possono non rispondere a queste comunicazioni.

Nel rapporto genitore-figlio e nelle dinamiche relazionali e comunicative spesso accade che ci siano incomprensioni, distanze, aspettative reciproche deluse. Molto spesso però è soprattutto come si dice le cose che determina conflittualità e non il contenuto in sé della comunicazione.

Infatti all’interno di un processo comunicativo esiste il contenuto, quello che si dice, e la forma, ovvero il modo con cui lo si dice. La forma indica in quale contesto relazionale si colloca il contenuto (Es. esistono differenti forme, e quindi modi, di dire le cose, che si tratti di una comunicazione tra sconosciuti, tra partners, tra madre e figlia, ecc.).

Ecco alcuni preziosi consigli per favorire una migliore comunicazione con il proprio figlio:

  1. Ascoltare con attenzione e contatto oculare e rinviare a dopo i propri giudizi
  2. Non mostrare ambiguità nella comunicazione di un messaggio. (Es. Se si tratta di un rimprovero la forma non dovrà essere troppo complice e scherzosa)
  3. Esprimere gratificazioni e riconoscimenti che davvero si provano, quindi reali
  4. Fare richieste realistiche che non rispecchino solamente le proprie aspettative
  5. I tempi cambiano. Mantenere immutati schemi, stereotipi e pregiudizi perché siamo cresciuti così e ci hanno aiutato, non aiuteranno necessariamente le nuove generazioni. Occorre flessibilità e ascolto senza giudizio, soprattutto nelle prime battute della comunicazione
  6. Evitare premi e ricatti per ottenere obiettivi nel breve termine. Nel lungo termine la motivazione calerà o continuerà a dipendere da tali riconoscimenti esterni
  7. Stare in silenzio, quando si sente che un abbraccio o un silenzio è la scelta migliore. Questo permette al genitore di “rendersi disponibile” ad accogliere
  8. Non aver paura di ritornare sugli argomenti del litigio. Aspettare che i toni e le emozioni si siano ridotte. Questo serve a fissare nuovi apprendimenti senza rischiare che il tutto si riduca ad una normale e frequente litigata.
  9. Provare a iniziare una frase usando la prima persona (“Mi piacerebbe che parlassimo un po’ di più se ti fa piacere”) anziché la seconda persona (“Tu non mi dici mai niente, perché non parli?). Come si può notare la differenza principale in questi esempi sta nella forma e non nel contenuto.

Questi sono piccoli consigli non di facile applicazione ma con impegno e costanza, magari andando ad individuare il punto in cui ci si sente più carenti possiamo porci dei micro-obiettivi per allenarci a migliorare quella caratteristica specifica della nostra comunicazione dove siamo carenti. E una volta soddisfatti passare alla successiva.


Dott. Martino Miccoli
Psicologo Psicoterapeuta a Reggio Emilia

Dott. Martino Miccoli
Psicologo Psicoterapeuta
P.I. 02769480738

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